Ore 00:45
Con una rapida manovra, Burton posteggia la propria auto all'interno del magazzino, vicino ad una pila di grosse casse. La twingo gialla prende posto accanto a due carrelli elevatori.
Nessuno sembra avere una corda, fra i presenti, ma tra il ciarpame e i mille attrezzi adocchiabili nello stanzone, alcune cinghie di un qualche materiale plastico penzolano da un supporto fissato ad uno dei tralicci.
Sul retro del capannone, una breve scalinata di mattoni, addossata alla parete di fondo, conduce alla porta sul retro, situata a circa tre metri di altezza. Da lì, una scaletta metallica di manutenzione prosegue verso il tetto curvo, su cui si posiziona il giovane occhialuto.
Il panorama dall'alto differisce di poco da quello che si può notare a livello della strada, tutta la zona è un dedalo di magazzini e baracche per gli attrezzi. Più avanti, ad est, inizia la zona dei container, ordinatamente impilati in grossi blocchi, mentre qui e lì svetta qualche gru.
Tutto è pesantemente sfumato dalla nebbia, più fitta vicino alla banchina, più rada verso l'interno. Una dozzina di imbarcazioni sono ormeggiate ai moli, a malapena visibili attraverso la foschia, e gli unici movimenti distinguibili sono quelli di un paio di rimorchiatori in lontananza, diretti verso nord.